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Italia/Milano  
Piuarch

Gucci hub

Pregevoli sono i caratteri di recupero archeologico industriale di questo prestigioso sito produttivo che dimostra anche il principio della permanenza dei valori architettonici, indipendentemente dal loro
utilizzo funzionale e tipologico.
L’idea nasce nel 2013, quando la Casa di moda Gucci sceglie nella periferia est di Milano l’area dell’ex fabbrica aeronautica Caproni per farne la propria sede e per ospitarvi oltre 250 persone, in un complesso che raggruppa gli uffici del marchio, le sale espositive e per le sfilate, la mensa e un ristorante.
L’insediamento Caproni sorse nel 1915 a lato del campo di volo di Taliedo, con capannoni e hangar affacciati sull’attuale via Mecenate. La zona è ai margini della tangenziale autostradale, ma anche di una campagna ricca di orti e fattorie agricole, con il nome che deriva proprio da una cascina omonima. L’ingegnere Gianni Battista Caproni, uno dei pionieri dell’aviazione mondiale, costruttore di biplani e triplani protagonisti nelle battaglie delle due guerre mondiali, resse l’azienda che portava il suo nome fino al 1950. In seguito, l’intera area perse la sua vocazione aeronautica trasformandosi in zona residenziale e artigianale, senza che gli edifici della fabbrica, i laboratori e i magazzini subissero alterazioni o variazioni volumetriche.
Nel 2013 il progetto di trasformazione, affidato da Gucci a Piuarch, studio milanese fondato da Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario, ha definito un ambiente rappresentativo di grande qualità estetica e funzionale; recuperando la regolarità e la qualità dei capannoni a shed della struttura originaria.
Il disegno di tale recupero, che ha comportato la sola demolizione degli edifici costruiti negli anni ’60 e ‘70 lungo l’asse di via Mecenate, che non presentavano alcuna coerenza architettonica con gli elementi storici degli anni ’20, ha valorizzato il carattere costruttivo dell’epoca neo-novecentesca.
L’intervento ha riguardato le campate strutturali, gli shed che portano la luce all’interno degli ambienti; gli architravi, i davanzali, i rappezzi in cemento che valorizzano le cortine laterizie, i rosoni dei timpani di copertura, proponendoli come accurati rammendi di preziose tessiture.
Questi elementi, insieme ai profili in lamiera verniciata che uniformano e sottolineano le linee, innumerevoli volte ripetute, delle falde inclinate, perpetua, in un disegno originalissimo, questo tipo di tradizione costruttiva e insediativa, creando in orizzontale, con il cotto delle tegole di copertura, una raffinata prospettiva di omogeneità materica.
Le facciate in mattoni faccia a vista si integrano al centro dell’insediamento con un nuovo edificio, correttamente differenziato per forme e materiali: è una torre di sei piani con una facciata in vetro, scandita da una trama di frangisole in metallo scuro, come tutte le parti metalliche originali, strutturali e di coronamento; un parallelepipedo nero che insiste su una superficie di oltre 3.000 metri quadri e che si contrappone armonicamente al rosso dei mattoni faccia a vista.
Il nuovo volume determina una rottura della simmetria, rendendo più percepibile il tessuto storico del complesso, evidenziando un nuovo livello di centralità verso cui tendono tutte le funzioni distribuite nella pianta. Il recupero dell’hangar, destinato un tempo all’assemblaggio degli aerei, ha reso inoltre disponibile la sua grande superficie di 3.850 metri quadri. La strada centrale è divenuta l’asse pedonale che collega e ricuce tutti gli edifici e le funzioni, fino ad approdare al grande spazio della piazza coperta. Il restauro delle strutture metalliche di copertura, caratterizzate da geometrie articolate e profili minimi, rende ben visibile la qualità dell’ingegneria costruttiva di quella prima epoca di industrializzazione.
La scelta di mantenere la prevalente disposizione in pianta degli edifici a piano terreno e l’articolazione dei percorsi pedonali, ha generato una continua relazione tra interni ed esterni e una sensazione di non divisione tra spazi di lavoro, spazi aperti, percorsi pubblici e aree comuni.
Nel rapporto continuo tra vuoti e pieni costruiti, gioca un ruolo fondamentale il paesaggio verde: il bosco fitto, la piazza alberata, i giardini diffusi, i patii e le pareti verdi, che sono in armonia con il linguaggio storico degli edifici e con il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità, hanno consentito l’ottenimento della certificazione LEED Gold.
Il bosco di tigli è il polmone verde del complesso, mentre la corte centrale circondata dagli edifici storici in mattoni è disegnata come una grande piazza urbana, con gli alberi disposti a maglia regolare.
I vuoti lasciati dalle demolizioni su via Mecenate sono diventati giardini e, per gli spazi interni, aree luminose e filtri sulla visuale del traffico stradale. In termini prestazionali, il progetto ha permesso un risparmio medio sui costi energetici del 25%, con una quota del costo totale di energia annuale compensata da energia da fonti rinnovabili, generate in sito da un sistema fotovoltaico e dal riscaldamento e raffrescamento effettuato con pompe di calore che utilizzano l’acqua di falda; inoltre dall’uso di avanzati sistemi di gestione degli impianti. 

Roberto Gamba,
Architetto libero professionista


Scheda tecnica

 

Oggetto: Sede Casa di Moda Gucci
Località: Milano, via Mecenate 79
Committente: Kering S.p.A.
Progetto architettonico: Piuarch
Progetto Strutturale: FV Progetti S.r.l.
Progetto Impianti:  Studio Tecnoprogetti
Impresa di costruzione: Nikila Invest S.r.l.
Cronologia: 2016 (costruzione)
Superficie: 30.000 m2
Fotografie:

Andrea Martiradonna, Giovanni Hanninen