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Regno Unito/Liverpool  
Studio biq

Ricostruzione del Bluecoat Chambers, Liverpool

Bluecoat Chambers nasce nel 1716 quando due cittadini filantropi, un capitano di mare e un reverendo, decisero di offrire protezione e cura, insieme all’istruzione, ai bambini rimasti orfani di Liverpool e dintorni. La costruzione, realizzata in puro stile Queen Ann, viene oggi considerata come una delle più antiche della città ed è stata vincolata dall’English Heritage (ente pubblico del governo britannico che si occupa della protezione di edifici storici e monumenti) come Grade I Listed Building. All’inizio del ‘900, la scuola trasloca in una nuova sede e il Bluecoat (il nome fa riferimento al colore delle uniformi dei giovani ospiti del centro) cambia la destinazione d’uso originaria per convertirsi in uno spazio cittadino dedicato all’arte (Bluecoat Society of Arts), funzione che lo contraddistinguerà fino ai giorno nostri.

Causa pesanti danneggiamenti subìti durante i bombardamenti del 1941 – anche se dopo la Seconda guerra mondiale fu restaurato e, in seguito, un’altra volta ancora – nel 2000 si decise di bandire un concorso per la completa ricostruzione del volume (restauro delle parti antiche e la costruzione di un’ala mancante) in vista del 2008, anno in cui la città fu dichiarata la Capitale europea della cultura. 

Il concorso fu vinto da un gruppo di giovani architetti olandesi chiamati biq che, due anni dopo la costituzione dello studio, avevano vinto nel 1996 la 4a edizione del concorso internazionale Europan con il progetto per un’area di Liverpool e pertanto avevano continuato a frequentare la città inglese. La scelta di affidare un incarico così delicato ad architetti solo agli inizi della loro carriera e con poca esperienza nel campo d’edilizia non residenziale non ha impedito a Rick Wessels e Hans van der Heijden di realizzare un progetto originale, né troppo timido, né «fuori posto»: un’opera che trae lo spunto dalla famosa preesistenza architettonica per costruire un ampliamento moderno senza complessi d’inferiorità verso l’illustre vicino e che in seguito ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. I biq, con una certa sfacciataggine che a volte contraddistingue i giovani, hanno preteso, e ottenuto, alcune importanti modifiche al programma progettuale, come quella di poter aprire le finestre in molte gallerie e di non realizzare la sala per le conferenze da 200 posti ritenuta un po’ troppo «ufficiale» per un centro artistico e tipologicamente ingombrante.

Il Bluecoat è impostato su una pianta ad «H» orientata nord-sud, alla quale, nel corso degli anni, è stato aggiunto un fabbricato di completamento sul lato sud che, in realtà, reca un piccolo sbocco sulla College Lane, permettendo così il passaggio, attraverso i due cortili, fino all’entrata più nobile a nord, sulla School Lane. Il progetto, oltre al restauro filologico dei tre quarti del complesso, affronta la difficile questione dell’ala est mancante (East Wing). Il nuovo corpo s’incastra a perfezione nel volume esistente, costruito in mattoni, rispettando le sue indicazioni riguardo agli allineamenti, all’orientamento e alle dimensioni da adottare.  Anch’esso in mattoni – in omaggio anche alla città di Liverpool, piena di edifici di pregio costruiti con questo materiale ricco di storia – stabilisce un senso d’equilibrio e di continuità tra la nuova e la vecchia architettura. La contemporaneità della nuova ala si manifesta soprattutto nel disegno delle sue facciate più pubbliche. 

La testata sud, che contiene una nuova piccola entrata, con il suo profilo particolare che segue l’ingombro dei volumi posti dietro (il lucernario, il tetto a due falde), è forata da tre grandi finestre a sbalzo, intelaiate in cornici di rame, e costituisce un po’ l’immagine simbolo del nuovo intervento. Invece, il fronte che dà sul bello e intimo cortile interno sfoggia un senso di solidità e robustezza diffuso dal ritmo regolare dei «vuoti» delle finestre e dei «pieni» delle parti in muratura; queste porzioni, alte due piani, sono sormontate, come fosse un grande architrave, da una parte dell’edificio, più distante, ma più alta, e coperta in rame. Nelle due facciate lunghe i mattoni sono stati posati tutti di «fascia» (con i lati lunghi) e non sfalsati, mentre sul fronte sud essi sono tutti, non sfalsati, disposti di «testa». Ciò conferisce ai nuovi prospetti una qualità materica maggiore, come se fossero stati rivestiti in semplici piastrelle, e ne determina un’ottima caratterizzazione.

Igor Maglica
phd, architetto e giornalista


Scheda tecnica

Oggetto: Ricostruzione del Bluecoat
Località: Liverpool, Regno Unito
Committente: the Bluecoat, Liverpool
Progetto architettonico: biq, Rotterdam (Theo van de Beek, Marjolein van Eig, Hans van der Heijden, Helen Webster, Rick Wessels)
Progetto esecutivo: Austin-Smith:Lord, Manchester/Liverpool
Progetto strutturale: Techniker, Londen
Progetto impianti: Ernest Griffiths, Bromborough
Project manager: B4, Manchester/Londen
Progetto conservazione beni archeologici: Donald Insall, Chester
Progetto del paesaggio: Austin-Smith: Lord, Manchester/Liverpool
General contractor: Kier North West, Liverpool (restauro, nuova costruzione); Whittakers, Liverpool (interni)
Controllo costi: Tweeds, Liverpool
Segnaletica: Nonconform, Liverpool
Costi di costruzione: circa 12.000.000 di euro, Iva esclusa
Cronologia: 2001-08
Fotografie: Stefan Müller

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