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Stati Uniti/Charlotte  
Mario Botta

Bechtler Museum a Charlotte

Con procedimento a levare, come lo scultore scalpella il blocco marmoreo per riportare in libertà le figure immobilizzate all’interno, allo stesso modo l’architetto sottrae materia al parallelepipedo pieno, laterizio, costruito nel centro di Charlotte, negli Stati Uniti orientali, scoprendo alla vista il cuore del fabbricato e sgombrando di ogni intralcio l’accesso alla nuova sala espositiva della città. 

Il cuore di vetro costituisce l’unico vero traguardo perimetrale del Museo, diversamente illuminato mediante sistemi difesi da frangisole, o dall’alto. La vetrata strutturale, oltre ad alludere alla tecnologia d’involucro dei grattacieli circostanti, mediante la propria trasparenza ne lega fisicamente e visivamente il contenuto con l’estensione dell’esposizione artistica all’aperto. Infatti, l’opera di Niki de Saint Phalle campeggia su strada, poco fuori la sagoma squadrata del fabbricato, su una base pavimentale ugualmente laterizia. 

L’opera d’arte e l’architettura s’interrogano in modo giocoso sul tema delle dimensioni: la scultura esterna richiama la figura umana, ma di ordine gigante rispetto ai passanti, mentre il Museo s’accosta basso alle verticali dei grattacieli vicini. Nella sua interpretazione scultorea, l’architettura, quale contenitore d’arte, gioca inoltre su ciò che la distingue dalla scultura stessa, con riferimento diretto al noto esempio proposto da Bruno Zevi circa il concetto della quarta dimensione, propria dell’architettura, e dell’esperienza interiore dello spazio preclusa alla scultura.

Esternamente, l’architettura rifugge il confronto con la magniloquenza degli skyscrapers e si fa scultura d’angolo, il cui spazio cavo risulta invito a entrare, in un certo senso come fece, con le dovute distinzioni, il Seagram building di Mies indietraggiando dal fronte strada in favore dello spazio pubblico. L’idea della piazza urbana, coperta, punta nettamente la direzione della misura d’uomo, a cui la dimensione complessiva dell’intervento si conforma. 

Il laterizio, quale materiale primo, ne è conseguenza diretta, all’insegna della naturalità dello spazio e del benessere del fruitore. Posato mediante supporti meccanici e non tradizionalmente mediante malte, esso può intendersi quale declinazione contemporanea di utilizzo delle «terre cotte», in accordo con i principi della prefabbricazione e della costruzione sistemica circostante, condizioni necessarie per le edificazioni in altezza adiacenti.

La piazza arricchisce l’opera, e con essa la città, di contenuti propri della storia urbana europea, svelando la formazione mediterranea dell’architetto ticinese, a suo agio pure sul partito stradale strettamente cartesiano di Charlotte, tipico della città americana, ma greco di fondazione, codificato alcuni millenni fa da Ippodamo da Mileto. Data la brevità della storia americana rispetto a quelle europea e mediorientale, la scelta del laterizio allude non certo al materiale della tradizione dei centri storici locali, quanto piuttosto alla materia con cui sono state costruite le città d’oltreoceano, culle di quella cultura di cui l’arte contemporanea del Bechtler Museum è ultima espressione. 

Il contenuto artistico, la dimensione, il materiale prevalente, la collocazione geografica, e specialmente l’approccio urbano, conducono quasi automaticamente a rivolgere lo sguardo al Moma di San Francisco, a firma dello stesso architetto ticinese, sua unica altra opera negli Stati Uniti. Ben oltre i rimandi diretti fra le due architetture, pare rilevante la coerenza e il rigore del progettista lungo tutta la notevole carriera. In special modo con riferimento ai suoi lavori museali americani si evidenzia il passaggio fondamentale costituito dal progetto del Parco di sculture Arca di Noé a Gerusalemme, cronologicamente intermedio. L’urbanità esteriore del museo di San Francisco risiede nel rapporto con la città verticale, rapporto per il quale l’opera è paragonata a un altare rivolto ai grattacieli e al cielo. A Gerusalemme, il limite netto fra interno ed esterno s’infrange; affianca l’architetto, in quell’occasione, l’artista franco-americana Niki de Saint Phalle. Sua è l’opera esterna, all’ingresso del Bechtler. A poca distanza, s’innalza la caratteristica colonna sul lato dell’ingresso principale, alta tre piani. L’entasi alle due estremità nasconde il vero montante in cemento armato all’interno, ed ha lo scopo tutto espressivo di significare la capacità portante di tale montante, a sostegno della sala espositiva al piano sommitale. 

Andreas Bechtler è un imprenditore svizzero; negli anni ‘70 si è trasferito a Charlotte, ove ha ereditato con la sorella la collezione privata d’arte dei genitori, poi donata alla città. A lui si deve l’iniziativa del Museo, unitamente alla municipalità di Charlotte, città dallo sviluppo recente, ricca di istituti di credito.

Alberto Ferraresi
architetto, libero professionista


Scheda tecnica

Oggetto: Bechtler Museum
Località: St. Tryon Street, Charlotte, Carolina del Nord, USA
Committente: Andreas Bechtler
Architetto locale: Wagner Murray Architects, PA Charlotte
Direzione lavori: Carlo Frediani
Cronologia: 2000/2005 progetto; 2009 realizzazione
Area terreno: 1.912 m²
Superficie lorda: 2.490 m²
Volume: 16.992 m³
Fotografie: Joel Lassiter

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