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Belgio/Lommel  
Ipostudio architetti

Laterizio per l’accoglienza

La tecnologia costruttiva del muro cavo in laterizio è il comune denominatore di tre differenti complessi ospedalieri realizzati in Sudan dallo studio TAM associati per l’organizzazione non-governativa Emergency. Strategie di raffescamento passivo e di contenimento dei consumi energetici si integrano a tecniche locali, per dar vita ad architetture semplici, accoglienti e performanti

Internat, a Lommel in Belgio, è una struttura di accoglienza, destinata a ragazzi e bambini in età scolastica, che presentano condizioni di forte disabilità e disagio sociale. Il progetto, di Ipostudio architetti, è risultato vincitore del primo premio di un concorso internazionale bandito all’interno della serie di concorsi a procedura ristretta “Open Oproep”, organizzati dal governo belga. Il committente è il Ministero dell’Istruzione della Comunità Fiamminga. Il vincolo della scarsa superficie edificabile ha inciso fortemente sulle scelte progettuali.
L’area a disposizione, derivante dalla demolizione di un edificio preesistente, è perimetrata dalla scuola adiacente e dal bosco. La struttura è molto compatta ma con spazi aperti adiacenti l’edificato e tra i volumi stessi. Il complesso è organizzato in tre corpi principali: due corpi ad H di tre piani si attestano, seguendo uno schema “a pettine”, lungo una spina laterale, che costituisce l’asse perpendicolare alla strada di accesso all’area della scuola. Questi volumi hanno una forte caratterizzazione: l’edificio laterale di spina è un corpo basso, connotato da un rivestimento in mattoni di laterizio faccia a vista; gli edifici ad H sono invece dei volumi imponenti e compatti, connotati da un involucro prevalentemente opaco in murature di laterizio e cappotto esterno intonacato. L’intera struttura è articolata in 136 camere, soggiorni comuni a ogni piano, uffici, minialloggi, sala multifunzionale. Le stanze singole destinate alla residenza e accoglienza sono collocate nei corpi di fabbrica ad H, su tutti e tre i piani, mentre i servizi generali e quelli comuni, nonché gli uffici amministrativi, sono collocati al piano terra nella spina laterale che si sviluppa lungo tutto il fronte a sud. Qui, si trovano gli uffici, alcune zone comuni per la didattica e tre monolocali con accesso privato. Il corpo di fabbrica ad H è caratterizzato, ad ogni piano, da una zona centrale, nel punto di collegamento tra le due ali, destinata alle attività di relazione e di soggiorno delle camere. Lungo le due ali laterali di ogni H sono collocate piccole camere singole destinate ai ragazzi e da alcune camere per i tutori. La differenza sostanziale tra i tipi di camere è che quest’ultime sono caratterizzate da bow-window in facciata e/o da un bagno di servizio in camera; le altre camere invece usufruiscono di servizi collettivi. Le camere sono collegate da corridoi che si sviluppano sul fronte interno e conducono allo spazio cerniera collettivo. Il linguaggio architetto nico scelto dai progettisti per questa “casa collettiva”, data la sua natura di edificio destinato ad accogliere ragazzi in difficoltà, si presenta volutamente semplice e chiaro, sia nei rapporti tra i volumi (corpo basso e volumi alti), sia nelle modalità di fruizione e di percorso, sia nella distinzione tra zone comuni e private. Questa semplicità connota anche la scelta delle soluzioni tecnico-costruttive e dei materiali, tanto da far sembrare questi edifici “poveri”.
L’unica concessione formale è affidata al contrasto tra l’uso del mattone della tradizione fiamminga, per il corpo basso, e dell’intonaco a cappotto, per i corpi alti, e dal gioco in facciata determinato dai bow-window disposti con apparente casualità. 

Monica Lavagna 
Professore Associato, Dipartimento ABC Architettura, Ingegneria della Costruzioni e Ambiente Costruito, Politecnico di Milano

 

 

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