Massimo Bricocoli. Professore ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica e dal 2020 Direttore del Dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico di Milano dove è docente di Housing and Neighbourhoods e Urban Ethnography. Si occupa di forme e modi dell’azione pubblica nel governo del territorio, dei nessi tra politiche di welfare e pianificazione urbanistica, di progetti di housing. È coordinatore scientifico di OCA, Osservatorio Casa Abbordabile di Milano Metropolitana.
Da poco è pubblicato lo studio “La gestione strategica dei servizi abitativi. Una ricerca sul campo”. Ci può introdurre ai contenuti essenziali di questo lavoro? Quali principali conclusioni avete potuto trarre?
Il volume (Egea editore) curato insieme a Raffaella Saporito e Eleonora Perobelli (SDA Bocconi) illustra gli esiti di una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori delle due università e finanziata da Fondazione Cariplo (Bando Inequalities Research 2022). La ricerca ha analizzato il tema della disuguaglianza nei quartieri di edilizia pubblica a Milano e il contributo che alcuni modelli di gestione possono offrire per favorire l’inclusione sociale degli inquilini. Lo studio ha combinato dati quantitativi del profilo degli inquilini degli alloggi di ALER, Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale, a Milano con oltre cento inter viste sul campo svolte in due quartieri della città (Stadera e San Siro), e restituisce con evidenza il valore sociale generato dai servizi abitativi quando la gestione del patrimonio è radicata in una prospettiva strategica, che supera i vecchi steccati di una gestione sociale contrapposta a quella tecnica ed amministrativa. Dalle interviste emerge che il principale elemento di valore per gli inquilini è quello di protezione sociale ed inclusione. L’edilizia residenziale pubblica rappresenta un approdo sicuro per individui e famiglie in difficoltà, contribuendo alla coesione sociale e alla stabilità economica in una città esposta a forte tensione abitativa come Milano. Il modello gestionale che risulta più efficace è quello che si basa su servizi di prossimità e figure di presidio (a partire dalla presenza del custode) che svolgono una funzione di antenna sociale e di garanzia del rispetto del patto di convivenza, contribuendo alla riduzione dei conflitti. Risulta importante non separare aspetti tecnici, amministrativi e sociali. In molte situazioni è dalla gestione di questioni tecniche ed amministrative che si possono prevenire o gestire criticità di natura sociale. Questo approccio promuove una visione integrata e proattiva nella gestione dei servizi abitativi pubblici.
Quali sono le più significative differenze delle politiche abitative finalizzate all’abitare sociale, fra Italia e più prossime realtà europee? In questo numero della rivista presentiamo per esempio casi spagnoli e francesi.
In Francia le politiche orientate all’abitare sociale stanno sperimentando soluzioni di frontiera e fortemente innovative. A Parigi, per eccellenza la città in cui la tensione abitativa è maggiore, si sta incrementando lo stock abitativo pubblico attraverso l’acquisizione di immobili dismessi. La nuova edificazione e il recupero dello stock esistente si cimenta con interventi finalizzati a migliorare e rendere più adeguate le soluzioni abitative alle esigenze contemporanee. Per molti versi considero che insieme a un investimento assai contenuto nella produzione di nuovi alloggi, nel nostro paese sono mancate in questi anni sperimentazioni di interesse sul piano del progetto architettonico. E mi riferisco sia alla produzione di nuova edilizia sociale sia agli interventi di recupero del patrimonio di edilizia residenziale pubblica esistente. In questi ultimi casi si tratta sistematicamente di interventi di efficientamento energetico o di manutenzione straordinario o ripristino, ma non si interviene mai nella direzione di riarticolare le tipologie di offerta, le soluzioni abitative, e neppure si interviene per ridefinire sul piano morfologico gli assetti dei quartieri. Interventi di densificazione, di sopralzo o di integrazione degli immobili sono praticati in molti paesi europei, non in Italia. Nel volume “Milano per chi? Se la città attrattiva è sempre meno abbordabile” edito da Letteraventidue nel 2024, insieme a Marco Peverini forniamo una ampia serie di dati che bene esprime le criticità dell’accesso alla casa in assenza di robuste politiche abitative pubbliche.
La legislazione italiana: l’edilizia sociale pubblica e la locazione a lungo termine privata costituiscono entrambe vere realtà di alloggio sociale?
La produzione di edilizia residenziale pubblica in Italia è sostanzialmente ferma. I dati che segnalano la disponibilità di nuovi alloggi si riferiscono in genere a interventi di ripristino di alloggi sfitti che sono rimessi in uso e assegnati. Per questo, l’edilizia residenziale pubblica è certamente un’offerta sociale di abitazioni ma che – in ragione della limitatezza dello stock e di scarsità di disponibilità – è per lo più destinata ad essere assegnata a persone e nuclei familiari in condizioni di forte disagio. Mentre invece, la locazione a lungo termine privata di per sé non può essere affatto considerata alla stregua di un alloggio sociale. Ricordiamoci che la locazione in Italia è sostanzialmente priva di regolazione. Nessuna norma fissa i canoni di locazione massimi, per cui ciascun proprietario può liberamente determinare il costo di un alloggio da cedere in affitto. Inoltre, i contratti a lungo termine (4+4 anni) sono in forte diminuzione, a vantaggio non solo degli “affitti a breve termine” destinati ai turisti, ma di contratti brevi che consentono in molti casi ai proprietari di innalzare il canone ad ogni scadenza di contratto. ’effetto combinato è quello di un incremento dei canoni e a meno di interventi di regolazione pubblica, difficilmente possiamo annoverare la locazione a lungo termine privata quale componente dell’offerta di alloggi sociali.
Quale relazione può esistere, se esiste, fra degrado urbano e disagio sociale?
È una relazione spesso erroneamente identificata, quasi fosse di causa effetto. Il degrado urbano ed edilizio certamente si associa a condizioni di vita disagevoli ed è l’esito di un’assenza di investimenti e di risorse limitate nella manutenzione e cura di un contesto. D’altra parte, ambiti in cui la qualità dell’ambiente urbano e del patrimonio edilizio è minore, possono essere sì indicati come problematici ma d’altra parte, consentono a molti di disporre di alloggi modesti ma al contempo abbordabili. E questa è una qualità importante, soprattutto nelle città più dinamiche e attrattive, in cui qualsiasi intervento di qualificazione e miglioramento del contesto urbano produce inesorabilmente un aumento dei valori immobiliari e quindi costi abitativi maggiori che possono arrivare ad escludere ampie fasce di popolazione locale.
Rigenerare la città: il Social Housing può essere opportunità di rinnovamento urbano e sociale?
Ho il sospetto che ancora una volta sia importante precisare cosa intendiamo per social housing. In questi anni si è parlato molto di housing sociale, una fascia di offerta prodotta tipicamente dalle fondazioni bancarie con capitali “pazienti” che si è attestata in una fascia intermedia tra il mercato privato e l’offerta di edilizia residenziale pubblica. Credo che sia importante rifarsi alla definizione di legge, che definisce l’edilizia residenziale sociale e considerare che certamente in molte città l’offerta di alloggi abbordabili è condizione fondamentale per l’accesso alla casa di fasce di popolazioni rilevanti per lo sviluppo economico, urbano e sociale della città.
Riqualificazione energetica e sismica, durabilità e salubrità dei materiali. Possono affidabilità e avanzamenti della tecnica costruttiva corrispondere al miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti degli edifici e della città?
Certamente sì. Una serie di fattori ha guadagnato crescente attenzione fa par te della ricerca e della produzione edilizia e certamente vi è forte attenzione per il contributo che le tecniche possono dare alla qualità della vita. È fondamentale alimentare contesti trasversali di discussione, in cui si riescano a produrre avanzamenti di rilievo sul fronte tecnico rispetto alle condizioni di benessere abitativo complessivo integrandole con le dimensioni più generali e comprensive della progettazione urbanistica e architettonica. Il rischio altrimenti è quello di un fuoco ristretto alle prestazioni degli edifici, quasi fossero oggetti inabitati.
Come i materiali e le loro rese tecniche ed estetiche contribuiscono ad accrescere negli abitanti senso di appartenenza ai luoghi?
n ciclo seminariale che abbiamo organizzato nella tarda primavera del 2024 con una importante azienda che produce materiali per l’edilizia ha proprio traguardato il ruolo che i materiali possono giocare anche nella elaborazione di progetti per la residenza che segnano fortemente la qualità estetica e contestuale dei progetti abitativi tanto da rendere alcuni progetti di housing quasi “iconici” nel testimoniare la frontiera delle nuove forme abitative.
Alberto Ferraresi,
Architetto, libero professionista