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Italia/Faenza  
Alessandro Bucci

La Filanda Faenza, Ravenna

Al primo approccio il complesso La Filanda può restituire l’immagine schematica di quartiere dalla doppia identità: l’una cittadina in direzione del centro storico e l’altra industriale nella direzione dell’autostrada; ma la realtà è molto più della somma algebrica dei due addendi, qualunque sia il punto dell’osservatore. L’area di sedime è quella delle ex distillerie Neri alle porte della città. Nel 1996 l’insediamento industriale chiude senza delocalizzare; il comune si apre a previsioni urbanistiche illuminate, dimezzando gli indici di edificabilità a circa 200.000 m3 di volumi costruiti, puntando alla sostenibilità edilizia e premiando ad esempio il recupero delle acque, i bassi consumi, i mix funzionali e la qualità estetica. Il 70% dell’area è destinata agli usi pubblici per parcheggi, verde e percorsi; il 50% dei nuovi volumi offre spazi alla residenza, il 25% al commercio, il restante 25% a servizi e uffici; 14.000 m2 di giardini pensili e 132 kW di pannelli fotovoltaici approfittano di parte della grande piazza coperta. La relativa lontananza dal centro storico suggerisce infatti la necessità di spazi per la socialità.

Sono molte le modalità con le quali il progetto riesce a ricucire l’area al tessuto urbano, ispirandosi agli esempi del suo centro. Dal punto di vista funzionale si sovrappongono a diversi livelli usi differenti, favorendo la socialità e gli incontri inattesi anche mediante la ricchezza di spazi comuni. Dal punto di vista delle direttrici e dell’accessibilità, i pedoni e i cicli disegnano le sagome dei fabbricati secondo i propri flussi, orientandoli al centro città e alla ferrovia. Ne derivano forme organiche allusive alla città storica gotico-medievale, molto più vicina alle geometrie della natura rispetto alla razionale rigorosità di altri modelli urbani storici codificatisi successivamente. La consistenza laterizia, come pure alcuni specifici stilemi ad esempio dei terminali delle cortine murarie in copertura, costituiscono ulteriore richiamo al panorama del cuore cittadino faentino. Il mattone però, con la sua duttile e artigianale replicabilità, allo stesso tempo racchiude simbolicamente anche tutto il lavoro e la fatica dell’uomo profusi nella realtà industriale preesistente, di cui si vuole comunque preservare la memoria. Le murature di involucro, altamente prestazionali, non risultano complesse quanto a stratigrafia: l’epidermide esteriore a vista, costituita da conci posati mediante colla su intonaco rustico, propone corsi orizzontali con fuga di 8 mm, arretrata rispetto agli allineamenti esterni e in malta grigia; 40 cm di muratura in blocchi capaci di elevati rendimenti energetici posati con collanti termici costituiscono l’ulteriore e definitivo supporto al tradizionale intonaco interno.

La relativa semplicità della stratigrafia d’involucro intreccia le proprie doti con l’articolazione delle diverse soluzioni d’interfaccia fra interno ed esterno. Si alternano logge a sbalzo, logge interne alla sagoma dei fabbricati, finestre a tutta altezza sull’allineamento esterno dell’involucro, terrazze private su porzioni degli ultimi livelli. Le terrazze, di dimensioni generose, in questi edifici compatti si propongono come alternativa al giardino della casa autonoma. In senso ampiamente contemporaneo casa e strada instaurano rapporti dialogici, in cui la viabilità non è solo dispositivo di transito, ma vero spazio urbano; su di essa affacciano anche gli accessi principali alle abitazioni e i vani scala, divenendo parte dell’articolazione degli affacci.

La forma del percorso e la forma dell’edificio risultano simbiotiche, con i piani terra più vetrati a rendere visivamente unitario lo spazio, pur diviso fisicamente. Ne deriva la sequenza apparentemente casuale di elementi e dei materiali laterizio, alluminio e vetro, con la sola principale distinzione del piano terra maggiormente trasparente e leggero rispetto alla solidità dei piani superiori. Dall’esterno la visione d’insieme è omogenea, pur non ripetitiva. All’interno le tipologie abitative risultano tutte diverse, determinate dalla sagoma dei percorsi. Tutta questa complessità di contenuti tecnici e umani, non ultima la diversità, è di per sé condizione urbana ed è racchiusa in ogni singolo edificio. Quando ci si occupa di interventi residenziali su vasta scala in Italia viene alla mente la grande esperienza INA casa, superata certamente quanto a motivazioni politiche generative della specifica fase storica, ma serbatoio inesaurito di soluzioni tecniche alle diverse scale del progetto; l’apparente mancanza di regole geometriche nei prospetti, con sfalsamento degli allineamenti delle bucature, richiama le proposte delle abitazioni in linea di Albini e dei BBPR a Cesate.

Alberto Ferraresi
Architetto, libero professionista


Scheda tecnica

 

Oggetto: La Filanda, riqualificazione di un’area produttiva dismessa
Località: Faenza (Ravenna) - Italia
Committente: Commercianti Indipendenti Associati Soc. Coop.
Progetto architettonico: Alessandro Bucci Architetti
Collaboratori Silvia Ancarani, Stefano Martinelli, Stefano Cornacchini, Giorgio Laghi, Francesca Mura, Sara Casadio, Luca Landi, Elena Mambelli, Valeria Piovaccari, Alessandra Tenca, Michele Vasumini
Progetto strutturale Marco Peroni Ingegneria
Progetto impiantistico Studio Associato Energia
Impresa di costruzioni C.L.M. - Coop.Lavoranti Muratori, P.i. 2000 Forlì,
CBR Rimini, Querzoli
Cronologia 2002-2009 (progettazione), 2009-2010 (costruzione)
Superficie complessiva 27.000 m2
Costo complessivo 501 mln €
Fotografie: Matteo Brucoli - Alessandro Bucci - Filippo Govoni -
Luca Landi - Pietro Savorelli