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Italia/Pozzuoli  
Marco Dezzi Bardeschi

Torre campanaria

Da pochi mesi il professor Marco Dezzi Bardeschi non c’è più. Laureato in Ingegneria edile nel 1957 a Bologna con Giovanni Michelucci e in Architettura nel 1962 a Firenze con Piero Sanpaolesi, Dezzi Bardeschi è stato funzionario della Soprintendenza di Arezzo prima di diventare Professore di Restauro all’Università di Firenze e al Politecnico di Milano. “Personaggio eclettico, creativo, idealista, dalla vitalità sconvolgente, animato da volontà e passione per la cultura, per l’architettura per le arti in genere” [Castagnaro, A. “Marco Dezzi Bardeschi”, Il Giornale dell’Architettura, 07.11.2018], Dezzi Bardeschi ha pubblicato centinaia di titoli sulla storia dell’architettura e sulla cultura del progetto, oltre che fondato (1993) e diretto con sguardo critico e polemico la rivista trimestrale “Ananke. Cultura, storia e tecniche della conservazione per il progetto”. Ha affiancato l’attività di docente e studioso a quella di professionista, con numerosi interventi di recupero di complessi monumentali, quali il Palazzo della Ragione a Milano (1978-1986) e la Biblioteca Classense a Ravenna (1979-1988), e di nuova edificazione, quale la Sala Consiliare per il Comune di Campi Bisenzio (1985-1993).
Nel manifesto di Ananke, Dezzi Bardeschi dichiara di “sostenere una consapevole attenzione e cura verso il patrimonio costruito diffuso […] e promuovere un responsabile progetto contemporaneo di qualità”. Questa posizione, che parte da John Ruskin per passare da Camillo Boito, Cesare Brandi fino alle Carte del restauro, lo porta a sostenere la necessità di “aggiungere, non sottrarre risorse al contesto”.
Sono proprio l’aggiunta e la giustapposizione degli elementi che maggiormente caratterizzano il lungo intervento di recupero e restauro del Tempio-Duomo di Pozzuoli. Infatti, dopo l’interruzione dell’intervento di anastilosi avviato da Ezio De Felice a seguito dell’incendio del 1964 e del progressivo abbandono del Rione Terra in seguito alla crisi bradisismica del 1970 e del terremoto del 1980 oltre delle pessime condizioni igieniche, nel 2003 la Regione Campania ha bandito un concorso internazionale in due fasi: il lavoro svolto in oltre quindici anni, oltre a riattribuire al Tempio augusteo la seconda funzione di Cattedrale, ha previsto il completamento della Canonica, la realizzazione di un percorso archeologico e l’ultimazione del Museo lapidario del Vescovado e della Torre Campanaria. Proprio quest’ultima, nella quale sono state ricollocatele tre antiche campane in bronzo superstiti del precedente campanile Seicentesco demolito nel 1968, può essere considerata il coerente risultato della teoria di conservazione e valorizzazione più volte espressa da Dezzi Bardeschi, identificata come “la sommatoria di due ordini di operazione: il restauro, inteso come il progetto di conservazione dell’esistente ovvero come valore complessivo, e il progetto del nuovo, inteso come valore aggiuntivo” [Castagnaro, 2018]. L’intervento, che attua la teoria culturale del “dov’era, ma non com’era” grazie a un nuovo volume che si inserisce nei ruderi che testimoniano il passato, accoglie diverse funzioni quali casa canonica, uffici parrocchiali, lapidario e nuovo campanile: questo è servito da collegamenti verticali a percorrenza meccanica e pedonale che collegano tre distinti livelli fino agiungere a un terrazzo-belvedere che si affaccia sul porto. In sostituzione del campanile maiolicato della cattedrale barocca, il nuovo progetto ha deciso di realizzare un elemento emergente, facilmente individuabile, in grado di rimodulare lo skyline urbano. La miglior posizione è stata ritenuta l’angolo nord-est, in un unicum con la Canonica e il Museo.
Per ottenere il miglior impatto visivo e per entrare nel miglior rapporto dialettico e non conflittuale con il monumento e con l’elegante cupoletta anch’essa rivestita da policromi elementi di maiolica, è stato scelto un rivestimento in laterizio, materiale che coniuga le caratteristiche storiche del contesto flegreo con un linguaggio contemporaneo. Lo schermo avanzato a montaggio meccanico riveste il campanilee ricostruisce un volume mancante a partire dalla lacerazione del troncone di muro rimastoa terra. Gli elementi di rivestimento in laterizio presentano due differenti morfologie: i primi si ispirano alle onde del mare per dare movimento al volume del campanile che rimane comunque visibile nella sua interezza per la presenza degli ampi giunti vuoti, mentre sono rettilinei per il volume sottostate che restituisce un’immagine più uniforme e meno permeabile alla vista e alla luce.
Gli elementi in laterizio a pasta molle sono realizzati con un impasto di argilla, formato a mano in stampi lignei, e sabbia di finitura. La cella campanaria, in contrasto con il campanile, è stata realizzata con materiali metallici. La rinnovata ricerca di scardinare gli schemi compositivi senza dimenticarsi dell’inevitabile complessità insita nella cultura della conservazione, ha portato il progetto a “una narrativa complessa, che recupera dati eimmagini del passato e della memoria dei luoghi e li riassume in proposte sempre inquietanti, problematiche, dense di rimandi e associazioni ”[Dezzi Bardeschi, M. (1994). Cinquepiccole lune, Firenze].

Adolfo Baratta
Professore Associato, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre


Scheda tecnica

 

Oggetto: Torre campanaria
Località: Pozzuoli, Napoli
Committente: Regione Campania
Progetto architettonico: Marco Dezzi Bardeschi e Gnosis Progetti
Direzione lavori: Nicola Maria Magliulo
Cronologia: 2003 (concorso); 2017 (costruzione)
Fotografie: Florian Castiglione