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Repubblica del Sudafrica  
Peter Rich Architects

Mapungubwe Interpretation Centre, Sud Africa

Lì dove oggi si trova lo straordinario Mapungubwe National Park, nella parte settentrionale della Repubblica del Sudafrica, vicino ai confini di Botswana e Zimbabwe, tanti secoli fa risiedeva una prosperosa civiltà. L’area, proclamata dall’Unesco, nel 2003, World Heritage Site, ha ospitato dal 1027 al 1220 quello che conosciamo con il nome di Kingdom of Mapungubwe: un sito popolato in prevalenza da agricoltori e allevatori, ma anche da artigiani, commercianti e minatori, in una società con classi sociali e gerarchie ben definite. In seguito alla migrazione, la storia di questo popolo si fermò fino al 1932, quando un allevatore locale, dopo alcune scoperte, avvertì l’Università di Pretoria. Accadde ben poco perché lo stato sudafricano di allora non nutriva molto interesse per le vicende di una civiltà nera dell’Iron Age. Ma dopo la messa al bando dell’apartheid (1994) le «cose» iniziarono lentamente a cambiare, finché il South African National Parks non affidò a Peter Rich il progetto di un Interpretation Centre dell’area. Mai la scelta fu più felice, perché Rich è un architetto di Johannesburgh coraggioso e competente. Coraggioso in quanto, essendosi rifiutato di lavorare per il governo precedente, di conseguenza, non ebbe occasione di costruire molto, ma in compenso trovò il tempo da dedicare alle ricerche sugli insediamenti dei popoli Ndebele, Bantwane e Tswana.  Attraverso lo studio delle popolazioni locali, è diventato così una specie di antropologo sociale: «Guardo i loro spazi e progetto qualcosa la cui filosofia derivi dalla sensibilità del luogo». A chi gli chiede cosa sia esattamente un Interpretation Centre, risponde: «Una nuova forma di spazio espositivo dove si espongono reperti rinvenuti nella regione il più possibile nella loro situazione originaria. Si può affermare che si tratta di una specie di museo sostenibile – meno invadente e arrogante rispetto agli esempi tradizionali –, che cerca di valorizzare contesto e tradizioni locali coinvolgendo la popolazione nella sua realizzazione».

Nel caso di Mapungubwe, alcune scelte progettuali e costruttive hanno determinato un complesso a basso costo con un minimo utilizzo di energia. In più, l’impiego di manodopera locale ha prodotto un duplice risultato sconfiggendo, temporaneamente, la disoccupazione locale e insegnando ai lavoratori impiegati (abitanti del posto e dei villaggi vicini) una nuova tecnica costruttiva relativamente semplice e a buon mercato. Per la costruzione dell’Interpretation Centre, formato in maggior parte da padiglioni «voltati» di varie dimensioni, si è optato per l’utilizzo di mattonelle (tiles made from soil) – 5% di cemento e acqua -, confezionate a mano dai locali. In collaborazione con Michael Ramage, University of Cambridge, (Uk,) e con John Ochsendorf, Massachusetts Institute of Technology, (Usa), sono stati analizzati esempi costruttivi storici come la «volta mediterranea» (o «catalana»), insieme a nuovi software elaborati per studiare meglio questo sistema strutturale alleggerito e privo di armature in acciaio. Rich, nella sua ricerca, ha individuato 3 tipi di volte (rettangolare o quadrata, «bassa», circolare) realizzate con oltre 200.000 mattonelle. L’Interpretation Centre è situato alle pendici di una mesa, lunga 300 e alta 30 m, creatasi in seguito alle drammatiche vicende geologiche. Il suo profilo entra ed esce in continuazione dal paesaggio limitrofo, causando cambiamenti quasi impercettibili, facendo sembrare «naturale» la nuova costruzione come se fosse stata presente in quel misterioso luogo da secoli. Impostato su uno schema compositivo di triangoli equilateri, la cui forma rende omaggio al significato simbolico che tali figure geometriche assumono nella cultura africana (ci sono disegni anche su Mapungubwe Hill), il Centro è un insieme di «episodi» architettonici: serie di padiglioni messi in successione, passerelle, tumuli evocativi, percorsi protetti, contrafforti, scale, terrazzamenti. Sequenze di «impressioni», di «stati d’animo», che si attraversano accompagnati da vari gradi d’intensità della luce, passando da zone buie, illuminate soltanto da un oculo, posizionato nella sommità della grotta-padiglione, a quelle con vetrate ornamentali, schermate da lunghi steli di eucalipto. Terminato il percorso, ci si accorge che esso svolge, oltre alla funzione ordinaria di distribuzione, anche quella «ascensoriale» per condurre in alto sulla mesa, da dove si osserva il meraviglioso paesaggio circostante. Quasi che il Centro sia solo una tappa del percorso informativo e il vero «museo» sia la natura di Mapungubwe: place where jackals eat. La conformazione planimetrica del complesso asseconda le curve del terreno con la massima attenzione, quasi con circospezione, come se in nome di un’antica tradizione-legge della sopravvivenza non fosse saggio esporsi troppo di fronte al pericolo di animali selvaggi o tribù nemiche. Come se, per caso, ci si trovasse in una situazione di timore e rispetto di fronte alla potenza della natura che lì, già molti secoli fa, spostò il corso del potente fiume Limpopo, e che forse è meglio non sfidare. E d’altronde perché farlo? Per dimostrare forza o bravura, ma anche la inevitabile arroganza e l’ignoranza dello straniero che non ha capito niente di quel mondo le cui logiche antiche gli sfuggono e sembrano obsolete. Realizzare un Centro Interpretativo, volutamente così poco ostentato, utilizzando come materiale costruttivo quello più antico che ci sia, la terra, impiegando mattoni e maestranze locali, si è rivelata una soluzione molto intelligente e azzeccata. Assegnare il progetto a un uomo-architetto profondo conoscitore della culture locali e rispettoso delle tradizioni è stata una scelta altrettanto riuscita. Il risultato è perfetto, come se la costruzione fosse sempre stata lì, esattamente come ognuno di noi, solo dopo anni di approfonditi studi, avrebbe forse cercato di fare, con molta più fatica e risultati più incerti.

Igor Maglica
Architetto, libero professionista


Scheda tecnica

Oggetto: Mapungubwe Interpretation Centre
Località: Mapungubwe National Park
Progetto architettonico: Peter Rich con Michael Ramage e John Ochsendorf
Committente: South African National Parks
Dimensioni: 1.500 m2 superficie dell’area
Periodo di costruzione: 2009 fine lavori
Foto: Peter Rich e Robert Rich

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