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Giuseppe Martino Di Giuda

Con la transizione digitale verso le costruzioni del futuro

Giuseppe Martino Di Giuda è ricercatore al Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente costruito del Politecnico di Milano, docente dei corsi di Ergotecnica edile alla Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle costruzioni. È direttore del corso di «Information Model Management e Building Information Management» presso il Polo territoriale di Lecco del Politecnico di Milano e responsabile scientifico di progetti di ricerca sull’implementazione BIM nei processi aziendali e curatore, con Valentina Villa, dell’edizione italiana de «il BIM» per Hoepli.

L'entrata in vigore del D. Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 ovvero il nuovo «Codice Appalti» introduce, per la prima volta nel nostro Paese, l’uso della modellazione elettronica e informativa per l’edilizia e le infrastrutture (Building Information Modeling, c.d. BIM). È così ufficialmente avviata la transizione digitale per il settore delle costruzione, al supporto della quale il gruppo UNI «Codificazione dei prodotti e dei processi costruttivi in edilizia» sta fattivamente lavorando già da qualche anno, a partire dalle determinanti interazioni con i partner del programma di innovazione industriale Innovance, cofinanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il risultato principale del progetto INNOVance è stato proprio la creazione della prima piattaforma digitale italiana per le costruzioni che molti ritengono possa costituire «la centrale d’acquisto per i prodotti (BIM procurement), la libreria di soluzioni tecniche a garanzia di qualità del risultato (BIM library), l’archivio interattivo della P.A. per una gestione informativa trasparente dei progetti, degli appalti e delle opere (BIM e GIS server). Dal «Mattone» alla «Città» una unica «Piattaforma» per la gestione efficace ed efficiente del territorio e delle opere, la trasparenza, il rilancio del settore, l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese e prodotti italiani nel mondo».

È chiaro che anche in Italia, la digitalizzazione del settore delle costruzioni non è più rinviabile. Innovare attraverso modelli interoperabili di gestione e monitoraggio dell’informazione può – secondo lei – sostenere il rilancio dell’intera filiera? Quali sono le strategie e gli strumenti da adottare? 

Certo che potrebbe. Ma soprattutto potrebbe essere in grado di creare quelli che Angelo Ciribini definisce «Ecosistemi Digitali», ovvero filiere che abbandonano la casualità dei rapporti tecnico-economici dei diversi soggetti del settore delle costruzioni per farli transitare verso filiere più tipiche del settore industriale. Questa è la grande opportunità che offre la transizione digitale al settore delle costruzioni. E in questo senso che va tutto il dibattito, tedesco per esempio, su Industria 4.0 in cui il settore delle costruzioni fa fatica a riconoscersi, ma che intimamente ha la consapevolezza di non poterne rimanere fuori. In Italia, la Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati ha avviato un’indagine conoscitiva sul tema Industria 4.0 proprio a partire dal modello tedesco. 

La vera sfida in realtà è nella digitalizzazione e nella consapevolezza della Committenza nel formulare una domanda che acquisisca all’interno del processo un ruolo centrale. L’errore che stanno facendo, soprattutto i progettisti, è quello di insistere, invece, sulla centralità del progetto; ma il progetto di una domanda inespressa non è un progetto, è una libera interpretazione dei bisogni del committente che spesso in fondo al processo produce una insoddisfazione. Il nuovo codice dei contratti affronta la questione sia in termini di riqualificazione della domanda sia in termini di riduzione delle stazioni appaltanti verso i cosiddetti soggetti aggregatori. 

È in questa ottica che la metodologia BIM deve essere affrontata, ovvero con una forte qualificazione e digitalizzazione della domanda. 

J. Potocnik, Commissario UE per l’Ambiente, lo scorso luglio 2015 ha detto «Nel XXI secolo, caratterizzato da economie emergenti, milioni di consumatori appartenenti alla nuova classe media e mercati interconnessi utilizzano ancora sistemi economici lineari ereditati dal XIX secolo. Se vogliamo essere competitivi dobbiamo trarre il massimo dalle nostre risorse, reimmettendole nel ciclo produttivo invece di collocarle in discarica come rifiuti». Ci sono relazioni tra «Economia circolare» e BIM? Quali i reali benefici?

Il Commissario Potocnik è un economista, e ha ben in mente quali siano le necessita e le opportunità che la logica della cosiddetta «Economia circolare» ha in un mondo proiettato a nove miliardi di esseri umani nei prossimi venti o trenta anni, dei quali oltre il 50 % vivrà in area urbane, stipati in megalopoli da oltre 20 milioni di abitanti. 

È da tener presente, inoltre, che il settore delle costruzioni allo stato attuale produce il 40% circa dei rifiuti solidi urbani, oltre che essere uno dei più energivori sia per quanto riguarda il processo produttivo e costruttivo, sia per il funzionamento degli edifici stessi. È importante analizzare un dato sui consumi energetici per i diversi settori per capire quanto sia importante che il settore delle Costruzioni faccia quella che in molti chiamano transizione digitale. I dati Assoelettrica dicono che negli ultimi quaranta anni i consumi nel settore industriale, depurati dal fattore delocalizzazione, sono passati dal 40% al 23% mentre per il settore residenziale c’è stato un decremento del 2,5 % circa. La transizione digitale, le industrie che producono prodotti e componenti per l’edilizia l’hanno fatta al pari degli altri settori che noi consideriamo industriali per definizione; è il cosiddetto ultimo miglio che il settore delle costruzioni fatica a fare, perché richiede innanzitutto un cambiamento culturale. 

L’arrivo sulla piazza del BIM ha avuto – a mio giudizio – il merito di rimettere al centro del dibattito culturale e produttivo proprio il tema della industrializzazione del settore delle costruzioni, accompagnato dalle modifiche normative e ambientali che in questo ultimo decennio stiamo vivendo. Il cambiamento climatico, la riduzione della capacità di spesa pubblica, oltre che quella privata ha innescato a partire dal Regno Unito (Government Construction Strategy del maggio 2011) un dibattito importante sull’efficientamento del settore delle costruzioni sia in termini produttivi che ambientali. 

Il convegno organizzato alla Camera dei Deputati lo scorso 18 febbraio credo che abbia affrontato in modo netto la relazione esistente tra l’economia circolare e il BIM inteso come implementazione del Project Management. A tal riguardo, mi permetta di dirlo, la proliferazione di BIM Manager è l’aspetto più ridicolo a cui stiamo assistendo. 

Mi ricordano lo sconosciuto che nel film di Risi «Operazione San Gennaro» offre alla bellissima Senta Berger il suo biglietto da visita con su scritto «amatore».

Ritiene che i protagonisti del processo costruttivo (proprietari o gestori dell’edificio, committenti, progettisti, esecutori, sub-appaltatori, produttori e fornitori) siano oggi pronti a sganciarsi dalla visione tradizionale per intraprendere le sfide della digitalizzazione? Come l’associazione BuildingSMART favorisce questo avanzamento culturale? 

Sinceramente credo che, al momento, agli operatori del settore manchi una visione strategica delle potenzialità che la digitalizzazione può mettere in campo, anche perché la moltitudine di presentazioni, convegni e tavole rotonde hanno al centro delle loro discussioni non le potenzialità socio-economiche che la digitalizzazione può mettere in campo, ma gli strumenti che supportano la metodologia BIM. 

Questo perché c’è una confusione di ruoli e una «stupida» aggressione del mercato da parte di soggetti che di mestiere vendono software e non fanno formazione. Questo non favorisce una crescita culturale che chiede un parallelo cambio di paradigma agli operatori stessi. Certo il mercato va verso l’Abitare inteso come servizio, verso una sempre maggiore richiesta di infrastrutturazione digitale della casa, e questo comporta una progettazione, una costruzione e una gestione nettamente alternativa a quanto fino a ora siamo stati abituati. 

BuildingSMART potrebbe svolgere un ruolo di definizione e di accompagnamento della transizione in cui si chiariscano i ruoli, le competenze e la modalità applicative di quanto l’attuale codice degli appalti prevede in ambito pubblico, e di regolamentazione volontaria rispetto al mercato privato.

L’ANDIL, partner del progetto INNOVance, con diverse aziende associate ha lavorato intensamente all’implementazione e al popolamento del prototipo della prima piattaforma BIM italiana per le costruzioni. Quali sono le reali potenzialità di ingegnerizzazione di questo prototipo e quali, invece, gli ostacoli al suo sviluppo?

Il progetto INNOVance è un progetto importante, che al momento però è fermo allo stadio di prototipo. 

Altri esempi, BIMobject piuttosto che bimetica hanno avuto la stessa tipologia di startup ma poi hanno trovato sul mercato un favore completamente diverso, per esempio bimetica è partecipata dal Governo spagnolo, attraverso il Ministero dello Sviluppo Economico, da BuildinSMART Spagna e dai produttori, ovviamente non solo spagnoli, e evidente che la lingua nel loro caso è stato un veicolo importante per il mercato americano inteso come Continente. 

I produttori sono i primi attori, e forse il primi beneficiari di un progetto come INNOVance, perché vuol dire affacciarsi su una vetrina oramai mondiale; certo è che bisogna aver voglia di mettere a disposizione le informazioni di prodotto, e forse questo è al momento un ostacolo culturale importante.

Nel Nord America proprio il comparto industriale delle costruzioni in muratura, consapevole di dover reggere la competitività e intraprendere una svolta significativa per l’incremento dei profitti, sta investendo molto nella promozione dell’uso del BIM. «Building Information Modeling for Masonry (BIM-M)» è il nome di un'iniziativa di modernizzazione, iniziata già nel 2013; la conosce? Chi sono i soggetti coinvolti? Può darci un suo parere?

L’esperienza BIM-M rientra nella migliore tradizione statunitense sul tema della digitalizzazione. Sono partiti molti anni fa con la redazione delle linee guida proprietarie per ognuna delle committenze che richiedeva il BIM, ogni singola amministrazione federale; è il caso della GSA o dei Veterani con la VA BIM Guide, solo per citare due esempi o il New York BIM guidelines, in cui ogni committente chiede una precisa modalità di applicazione della metodologia BIM tarata sulle proprie esigenze. 

Lo stesso vale per le linee guida che lei ha citato, ovvero quella delle imprese che realizzano opere in muratura, una sorta di codice di pratica applicato alla metodologia BIM. Il dato significativo contenuto in questo studio è la quantificazione del cosiddetto ROI (ritorno di investimento): per un lavoro di un milione di dollari, è stato stimato un risparmio, variabile tra il 4% e il 7%, corrispondente a circa 10 volte il costo dell’investimento necessario per l’implementazione BIM del processo. Nel caso proposto dalla guida statunitense la composizione del ROI è riferibile per il 60% alla ottimizzazione della manodopera e per il 40% alla migliore gestione della catena di fornitura.

Alfonsina A. Di Fusco
Ingegnere, ANDIL