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Stati Uniti  

La devastazione di Los Angeles

Lo scorso gennaio hanno destato molto scalpore i violenti incendi che hanno devastato la California, lo stato più popoloso degli Stati Uniti, con circa quaranta milioni di abitanti. In particolare, tali eventi, considerati tra i peggiori che abbiano mai colpito la regione, hanno maggiormente interessato la contea di Los Angeles. Sono andati distrutti migliaia di ettari di aree boschive, infrastrutture, reti tecnologiche e svariate migliaia di abitazioni, con gli edifici di interi quartieri letteralmente rasi al suolo dalle fiamme. Nel pesante bilancio rientrano più di venti vittime, nonché oltre 100.000 abitanti evacuati e circa 200.000 edifici rimasti temporaneamente privi di energia elettrica. Da quanto è stato possibile desumere dalle notizie pubblicate sui media si ricava che un disastro di tale portata è, probabilmente, imputabile al verificarsi di una concomitanza di più fattori, a prescindere da quali possano essere le cause di innesco dei roghi, sia di origine accidentale che colposa o dolosa, al momento non note.
Innanzitutto, la prolungata siccità che ha interessato le estese aree verdi della regione, rendendo il terreno arido e predisposto alla combustione e creando i presupposti per una facile propagazione delle fiamme. Alla suddetta condizione iniziale si è sommato l’insorgere di venti molto caldi, secchi e di forte intensità, originatisi nelle regioni desertiche interne. Tali venti, con raffiche che hanno superato abbondantemente la velocità di 100 km/h, hanno creato i presupposti per una facile propagazione degli incendi, con la vegetazione arbustiva della contea divenuta un combustibile in grado di alimentare facilmente gli incendi boschivi con conseguenze, come avviene in tali situazioni, assimilabili a quelle prodotte dai liquidi infiammabili. Velocità dei venti così sostenute, oltre a contribuire alla veloce propagazione dell’incendio, tramite il trasporto di tizzoni e parti incandescenti a decine di metri di distanza, hanno ostacolato le operazioni di spegnimento delle fiamme, in quanto hanno intralciato o impedito l’opera della componente aerea dei mezzi antincendio, fondamentale per contenere l’incendio e per avere una visione dall’alto delle fasi evolutive dello stesso. In simili casi, con ampie zone antropizzate confinanti con estensioni boscate o a verde, occorrerebbe realizzare preventivamente delle cosiddette “linee taglia fuoco”, costituite da fasce di terreno dalle quali è stata rimossa la vegetazione, al fine di creare un’area il più possibile priva di materiali combustibili, impedente o limitante la diffusione delle fiamme e facilitante l’accesso alle squadre antincendio. Tuttavia, l’efficacia di tali misure è fortemente influenzata dalla velocità del vento, in quanto forti raffiche possono comunque consentire a tizzoni accesi di oltrepassare la linea tagliafuoco, in genere della larghezza di alcune decine di metri. In tal caso sarebbe fondamentale che gli edifici confinanti fossero realizzati con strutture e materiali incombustibili. 

Invece, come si è visto dalle immagini, nel caso californiano la quasi totalità degli edifici era costruita in materiali combustibili come il legno, a differenza dell’Italia dove tale tipologia costruttiva è scarsamente diffusa. Negli Stati Uniti l’utilizzo del legname come materiale da costruzionee da finitura risulta la normalità, innanzitutto per motivistorici e culturali. Tale modalità costruttiva risulta indubbiamente di veloce esecuzioneo modifica, ha requisiti di efficienza energetica e di resistenzaall’azione sismica, nonché indubbi risvolti economici,in quanto il materiale generalmente è approvvigionabile in loco. Purtroppo, tali edifici hanno caratteristiche di resistenza al fuocomodeste o nulle, con conseguente facilità di innesco, di ulteriore propagazione e di completa distruzione. A riguardo, risultano emblematiche le immagini di interi quartiericon gli edifici completamente bruciati e distrutti, con le eccezioni dei pochi manufatti realizzati in muratura di mattoni,quali particolari architettonici, muretti di confine o caminetti domestici comprensivi di focolai e canna fumaria. Anche da altre immagini è visibile una serie di edifici allineati sulla costa californiana dei quali è rimasto integro solo quello realizzato in muratura, mentre quelli realizzati in legno risultano completamente distrutti. Il disastro californiano sarebbe difficilmente replicabile in Italia considerato che il nostro patrimonio edilizio è storicamente costituito da edifici prevalentemente realizzati in muratura di laterizi, di per sé incombustibili.
Ma non solo, la muratura in laterizio possiede rilevanti caratteristiche di resistenza al fuoco, adesempio la tipologia più comune, realizzata con la classica muratura a due teste di mattoni intonacati, pari ad uno spessore di circa 30 centimetri, resiste agli effetti dell’incendio per almeno due ore. Anche l’ulteriore tipologia costruttiva diffusa in Italia, costituita dagli edifici realizzati construtture in conglomerato cementizio armato, possiede elevate caratteristiche di resistenza al fuoco, con conseguente ottimale risposta agli effetti di un incendio. Analogamente, relativamente ai materiali di finitura, anche all’interno delle nostre abitazioni abbiamo un maggior utilizzo di materiali incombustibili, quali pareti intonacate e pavimentazioni di ceramica, mentre gli arredi risultano inevitabilmente combustibili. Da quanto sopra descritto ne consegue che la propagazione dell’incendio da un edificio all’altro può avvenire solamente tramite le aperture dell’immobile, quali porte e finestre. Inoltre, in tale situazione l’opera dei soccorritori risulta facilitata, in quanto devono effettuare un’azione di raffreddamento delle solo aperture dell’edificio, peraltro con una minore necessità di risorse idriche. Dal punto di vista ambientale si rileva che una limitazione alla propagazione e alla estensione degli incendi di tali dimensioni comporta anche il rilascio in atmosfera di un minor quantitativo di anidride carbonica (CO2), in linea con quanto previsto dalle ultime strategie politiche europee. Da ultimo, preme evidenziare come l’edilizia storicamente edificata nel nostro Paese risponda agli obiettivi posti da decenni dalle direttive europee, le quali prevedono che l’opera sia concepita e costruita in modo che in caso di incendio siano garantite, per un tempo predeterminato, la capacità portante dell’edificio, la limitazione della propagazione del fuoco e del fumo all’interno dello stesso e a quelli vicini, nonché la possibilità che gli occupanti possano uscire all’esterno e che siapresa in considerazione la sicurezza dei soccorritori. Eventi come quelli californiani ci confermano la bontà delle misure di protezione passiva utilizzate in Italia e suggeriscono la necessità di proseguire su tale linea in maniera ancora più incisiva, potenziandole, ad esempio con un maggior utilizzo di materiali incombustibili anche pertutta la stratigrafia dell’involucro edilizio, compresi i rivestimenti esterni.

 

Carlo Dall'Oppio,
Ingegnere, già Dirigente Generale del Ministero dell’Interno con incarico di Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco